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203 – Écriture, différence et recalibrage

Pour une novelle pathologie di discours postcolonial


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978-88-9355-373-5 148 Francese
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Percorrere il vasto panorama eterogeneo di opere dedicate alla letteratura postcoloniale, significa far fronte alle invocazioni di un progetto largamente amorfo, indefinibile, carico di equivoci, resistente alla consonanza, alla calibrazione, alla risoluzione e, in quanto tale, sostenuto da ostacoli irrevocabili. Il discorso narrativo che ne deriva – labirintico, instabile – non può che generare numerose varianti di una insidiosa sconfitta. Ora, «l’esperienza postcoloniale», così concepita, s’incammina inestricabilmente in uno stato di costante mutazione, sempre embrionale, sempre alla deriva, priva di punti di riferimento identitari e quindi penosamente soggetta alle contorsioni dell’indicibile. Qualunque siano le giustificazioni ermeneutiche, esse non delineano né rappresentano una sola dimensione di un’impresa profondamente complessa e plurivalente. In effetti, il testo postcoloniale, radicato nel vagare, nella precarietà, nell’informare, e certamente meno compiacente che sovversivo rifiuta a priori tutti i tentativi di decodifica univoca, minimalista, per quanto numerosi. Per porre rimedio a questi atti di degrado, bisognerebbe aprire una via finora ostruita. Ciò che era indicibile deve essere interrogato e trasgredito per aprire un nuovo spazio dove il lungo silenzio del passato è soppiantato dalle voci esumate, precedentemente assenti e sconosciute, ancorate da troppo tempo nella sottomissione. Poco ci vuole perché questa parola ormai ritrovata, liberamente enunciata, ottenga la vittoria, realizzi una vera conquista redentrice. Per Joseph Zobel, Ferdinand Oyono e Sembène Ousmane, la lotta per la liberazione metafisica e linguistica è eloquentemente metaforizzata e piena di significanti rigeneratori, anche se macchiata in passato. Dalla vestigia dell’immobilità di un tempo emerge un contro discorso: una poetica nuova e irrevocabile del trionfo postcoloniale.

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